Un controsenso messo in evidenza al convegno su Trasparenza, privacy e comunicazione, organizzato dall’Associazione Italiana della Comunicazione pubblica il 27 novembre a Roma. Sul sito dell'Associazione è online la registrazione degli interventi.
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Mancano investimenti in comunicazione; e, prima ancora, manca un ruolo definito per chi si occupa di tradurre gli atti amministrativi in atti accessibili, fruibili e di interesse collettivo. Le norme, in vari punti, prescrivono di associare le policy di trasparenza ad efficaci azioni comunicative, ma si tratta di enunciazioni raramente seguite da fatti.
“O la trasparenza comunicativa, cioè orientata davvero alla fruizione del cittadino, diventa una scelta strategica, o finirà per provocare solo un ingorgo di adempimenti - ha detto Sergio Talamo, Direttore Comunicazione e Servizi al Cittadino Formez PA e Responsabile Linea Amica - per questo abbiamo avviato in Funzione Pubblica il Tavolo sulla Trasparenza Comunicativa”.
Ha aggiunto Talamo: “Dobbiamo cogliere l’occasione della legislazione sulla trasparenza per rilanciare il ruolo della comunicazione pubblica, fermo alla vecchia legge 150/2000, la legge ‘comunicati e sportelli’. La trasparenza è un valore che in sé contiene la partecipazione, la condivisione, il dialogo. Il Tavolo, istituito a luglio scorso, vuole pervenire ad un atto di indirizzo della FP alle amministrazioni che dia indicazioni su una politica di trasparenza non formale ma effettivamente fruita dal cittadino”.
Nel dibattito, aperto dal presidente dell’Associazione Comunicazione Pubblica Gerardo Mombelli e introdotto dal segretario Piercarlo Sommo, sono intervenuti Edoardo Giardino, docente di diritto amministrativo presso l'Università LUMSA e Rosario Imperiali, studio legale Imperiali. Tra i temi trattati, l’equilibrio fra privacy e trasparenza, le difficoltà di far coincidere produzione degli atti amministrativi e loro pubblicazione, l’accesso civico.
D’accordo, i cittadini devono poter leggere gli atti amministrativi. Ma come si ottiene una vera trasparenza? “La trasparenza - ha dichiarato nelle sue conclusioni il Capo Dipartimento Funzione Pubblica Antonio Naddeo - è uno strumento per riavvicinare il cittadino al sistema pubblico e combattere la corruzione, ma se diventa un adempimento confuso e disordinato di obblighi di legge, non serve né alla PA né tantomeno al cittadino. Dovrebbe essere normale, per un ufficio, pubblicare un atto, ma occorre discernimento: una ‘casa di vetro’ in cui è tutto sparso nelle stanze senza nessuna logica, non produce valore pubblico”.
Naddeo ha messo nel mirino anche l’eccessiva centralità che viene data alla pubblicazione di compensi e curricula dei dirigenti: “E’ una misura corretta, ma non dimentichiamo che la corruzione si può annidare anche nei livelli più bassi: la trasparenza non è solo quello. Occorre pubblicare i costi degli acquisti, ad esempio sapere quanto viene pagata una certa merce è utile per giudicare l’accortezza della gestione economica e quindi responsabilizzare la dirigenza nella gestione delle risorse finanziarie, oltre che di quelle umane. Al momento non c’è nessun dirigente che sia responsabile di entrambe”.
Naddeo ha insistito infine sull’importanza della responsabilizzazione della dirigenza pubblica: “Se si continua con la premialità uguale per tutti, non si potrà mai legare la perfomance ai risultati”. Infine, un cenno alla difficoltà di rendere effettive normative con varie difficoltà di interpretazione, ed un pieno consenso alle iniziative per la Trasparenza Comunicativa, intesa come “ponte” verso il vero destinatario dell’azione pubblica, il cittadino.